martedì 25 dicembre 2012

Verde…NATALE!



In questi giorni di festa mi sono ritrovata a sfogliare diversi libri che possiedo da molto tempo e che amo molto leggere nei momenti di relax. Tra le tante cose interessanti che ho letto, ho trovato alcune tradizioni e leggende legate al Natale e alle piante che da sempre lo rappresentano, così ho pensato di metterle nel mio blog.
 
L’ABETE
 
Nell’alfabeto arboreo dei druidi, dove ogni lettera prende il nome da un albero o un arbusto di cui è l’iniziale, l’abete bianco (ailm) corrisponde alla prima lettera.
Fin dall’antico Egitto l’abete fu considerato l’albero della Natività, non meno importante della palma perché era la pianta sotto la quale era nato il dio di Biblos.
In Grecia l’abete bianco (elàte) era sacro alla dea Artemide, cioè alla luna, protettrice delle nascite, in onore della quale si sventolava durante le feste dionisiache un suo ramo intrecciato con edera e adornato in punta da una pigna.
L’abete, insieme alla betulla, è considerato tra le popolazioni dell’Asia settentrionale un albero cosmico che si erge al centro dell’universo, la cui cima penetra nel cielo e le sue radici affondano negli inferi.
Nel calendario celtico l’abete era consacrato al giorno della nascita del Fanciullo divino: giornata che seguiva quella del solstizio d’inverno.
Il legame tra l’albero e il solstizio è documentato anche nei paesi scandinavi e germanici, dove nel Medioevo ci si recava poco prima delle feste solstiziali nel bosco a tagliare un abete che, portato a casa, veniva decorato con ghirlande, uova dipinte e dolciumi.
Nei paesi latini l’abete natalizio, scomparso in molti territori durante la loro evangelizzazione, ritornò molto tardi. Nel 1840 la principessa Elena Mecklenburg, sposa del duca di Orléans, introdusse l’albero di Natale alle Tuileries, suscitando la sorpresa generale della corte.
Fu così che l’uso di decorare per Natale l’abete si diffuse a poco a poco anche nei paesi latini, a simboleggiare la nascita di Cristo come Albero della vita.
Gli addobbi dell’albero hanno assunto anch’essi un significato religioso: i lumini simboleggiano la luce che il Cristo dispensa all’umanità, i frutti dorati, i dolciumi e i regalini appesi ai suoi rami o posti ai suoi piedi sono il simbolo della Vita spirituale e dell’Amore che Egli ci offre. Radunarsi la notte di Natale attorno all’albero significa dunque essere illuminati dalla sua luce, godere della sua linfa ed essere pervasi dal suo amore.
In Tirolo e in Svizzera si narra tra i montanari che il genio della foresta abitasse in un vecchio abete. Si credeva che vegliasse sul bestiame e portasse prosperità e fecondità alle fattorie.
In Savoia l’albero neutralizzava il malocchio e impediva al fulmine di cadere. Affinché la sua influenza fosse più intensa, la cima veniva mozzata in modo che i rami rimasti rappresentassero le cinque dita della mano aperta.
 
IL CEPPO DI NATALE
 
Mentre l’usanza dell’abete solstiziale, scomparsa dalle tradizioni italiane con la cristianizzazione, sarebbe poi riapparsa timidamente all’inizio del ‘900 per poi diffondersi nel dopoguerra sulla scia della colonizzazione americana, era rimasta viva invece la tradizione del ceppo, che oggi tuttavia è diventata molto rara.
Il ceppo o ciocco natalizio veniva chiamato in modo diverso a seconda delle regioni ed era il sostituto dell’albero natalizio.
Si diceva che il ciocco servisse per scaldare il bambin Gesù, doveva quindi bruciare fino all’alba ma non consumarsi del tutto perché lo si doveva riaccendere ogni notte, fino all’Epifania, affinché portasse fortuna. I suoi resti si sotterravano in parte in campagna per preservare i raccolti dalle intemperie e dalle tempeste, mentre quelli meno carbonizzati si riaccendevano quando nascevano i bachi da seta perché crescessero forti e immuni da malattie.
 
IL VISCHIO
 
Per le feste natalizie si usa appendere il vischio agli usci delle case o di portarne al collo un rametto perché lo si considera un amuleto contro le disgrazie e gli influssi negativi. Guai però a raccoglierlo con le mani e soprattutto con la sinistra, si attirerebbe la malasorte.
Se si passa in compagnia sotto il vischio, ci si deve baciare, e se una ragazza non riceve questo bacio non si sposerà nell’anno successivo. In qualche regione dell’Inghilterra, per scongiurare il rischio di rimanere zitelle, nella notte del 6 gennaio se ne deve bruciare il mazzo che ha addobbato la casa durante le feste natalizie.
Queste usanze ci giungono dai Celti che consideravano il vischio una pianta misteriosa, donata dagli dei poiché non aveva radici e cresceva come parassita sul ramo di un’altra pianta. Favoleggiavano che crescesse là dove era caduta la folgore: simbolo di una discesa della divinità.
Se vi piace sapere le tradizioni e la storia delle piante che ci circondano vi consiglio un libro da cui ho preso spunto per questo post, che si chiama FLORARIO di Alfredo Cattabiani, ed. Mondadori.
 
Auguro a tutti voi di trascorrere un Buon Natale con le persone che amate!
A presto!

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